Di Giorgio Sbrocco
Si è concluso secondo pronostico il primo giro di semifinale del massimo campionato ovale che ha visto le Fiamme Oro opposte al Rovigo sul sintetico di Ponte Galeria (ingresso gratuito, forse la prima assoluta per una semifinale scudetto) e il Calvisano impegnato sul verde dello stadio Quaggia alle porte di Treviso. Hanno vinto Rovigo (33-31) e Calvisano (30-15), prefigurando una finale (al Battaglini) da molti pronosticata fin dall’estate. Le due super (?) potenze del rugby domestico giungono però a un passo dalla sfida che assegnerà il tricolore con stati d’animo e livelli di affidabilità invero molto diversi fra loro. Il Rovigo in casa della Polizia di Stato ha confermato due grandi verità: che il rugby comincia in prima linea e che il placcaggio è arma (magari all’apparenza modesta, se non addirittura banale) fondamentale per accedere a qualsiasi traguardo. Gli 80’ romani hanno decretato quanto segue: la prima linea dei Bersaglieri è poca cosa, il XV di Pasquale Presutti (complimenti Maestro!) ha pericolose amnesie quando di stratta di contrastare gli avanzamenti avversari. Massime sui punti d’incontro con portatore in piedi. Sia chiaro: prevedere un sorpasso delle Fiamme su Rovigo in occasione di gara 2 in programma sabato nel capoluogo del Polesine appartiene al mondo delle cose (molto) poco probabili, anche perché la formazione di Frati parte da un rassicurante 5-1 nel punteggio aggregato e per rimanere fuori dalla finale dovrebbe subire più di tre mete, segnarne meno di quattro e chiudere staccata di più di 7 punti. Non impossibile ma, di sicuro, assai poco improbabile. Resta il buco/voragine di un reparto rossoblu di prima linea che sabato ha subito la bellezza (si fa per dire) di 12 calci contro per falli di assetto e che ha visto i due piloni titolari penalizzati con ben tre cartellini gialli. Due al destro Ravalle che salterà la gara di ritorno per squalifica.
Il match vinto da Calvisano (sceso in campo privo di Steyn, Castello e De Jager) ha invece confermato che, malelingue a cultori del perenne conflitto di interesse a parte, quella di Guidi è, per i livelli del nostro massimo campionato, una squadra completa, consistente, credibile nel piano di gioco e nella strategia, addirittura pregevole in alcune variazioni sul tema “possesso-avanzamento”. La meta di Violi al centro dei pali sul finire del primo tempo al termine di un contrattacco innescato da Seymour e perfettamente sostenuto dal duo Chiesa-Bergamo ne è stato perfetta dimostrazione. Qualcuno ha sostenuto la teoria di un Mogliano “al di sotto dei propri abituali standard”. Altri ha (stra)parlato di “squadra che ha fatto di tutto per perdere”. Enunciato, quest’ultimo, forse figlio di un evidente e scusabilissimo disagio post match. Oltrettutto difficile da verificare come tutte le uscite basate su certezze indimostrabili ma che, forse, dice di uno stato d’animo della banda Properzi che non è più lo stesso (quanto a autostima e certezze) dopo la fallimentare trasferta siberiana sulla strada della qualificazione (mancata) alla Challenge. Va detto però che la forza delle squadre allenate da ex piloni (Properzi è stato, in assoluto, il miglior destro dell’era moderna azzurra) risiede nel fatto che ben difficilmente considerano impossibili certe imprese. Chi ha passato una vita sul lato opposto all’introduzione, con entrambe le spalle a contatto e la testa “dentro”, sa che di impossibile nel rugby non c’è praticamente niente. E quando gente di tal fatta riesce a trasmettere ai propri giocatori, una parte o tutto, lo spirito guerriero che serve per sopravvivere “la davanti”, ogni traguardo diventa plausibile. In altre parole, se Properzi dice che il suo Mogliano andrà a Calvisano “con l’obiettivo di segnare quattro mete”, c’è da credergli. Anche perché, sia detto per inciso, i trevigiani una prima linea adeguata ce l’hanno. E scusate se è poco.
Arrivederci alla finale del 30 maggio. Al Battaglini, c’è da scommetterci!