Felice Gimondi, campione di un ciclismo in bianco e nero




Epiche le sue battaglie col “cannibale” Eddy Merckx.
di Enrico Daniele
(fonti Wikipedia, Libero Quotidiano.it)

Felice Gimondi era nato a Sedrina, un paese a pochi chilometri da Bergamo, il 29 settembre del 1942. Il mese prossimo avrebbe quindi compiuto 77 anni se non fosse per un arresto cardiaco che il 16 agosto ce lo ha portato via per sempre quando era in vacanza in Sicilia a Giardini-Naxos.

Figlio di un autotrasportatore e di una postina, Gimondi ricevette la sua prima bici in premio per la promozione in terza elementare e con quella capitava spesso aiutasse sua madre nella consegna della posta, su e giù per le vie del suo paese in Val Brembana. A sedici anni la prima due ruote da corsa, di misura un po’ più grande al punto tale che Felice doveva infilare una gamba in mezzo al telaio per pedalare. Inizia a correre nella squadra del paese e a ventidue anni diventa professionista con la Salvarani. Nel 1965 al debutto nella “Grande Boucle” doveva fare il gregario di Vittorio Adorni che però dovette ritirarsi per un guaio alimentare. Così la squadra cambiò strategia e, a sorpresa, il Tour lo vincerà lui. Vincerà poi tre Giri d’Italia (1967, 1969 e 1976) e una Vuelta a España (1968), un Campionato del Mondo in linea nel 1973, la Roubaix del 1966, la Milano-San Remo nel 1974 e due Giri di Lombardia (1966, 1973). Prima del ritiro, nel 1979, saranno 181 le vittorie da professionista. È uno dei sei ciclisti ad aver vinto almeno una volta i tre grandi giri.

Gimondi in corsa davanti a Merckx

Campione a tutto tondo, forte sul passo, buon scalatore, cronoman specialista e veloce in volata, ha scritto pagine epiche nella storia del ciclismo italiano e mondiale. Memorabile la grande rivalità col “cannibale” Eddy Merckx, come era stata in precedenza quella tra Coppi e Bartali o che sarà, in seguito, quella tra Moser e Saronni. Col belga ha condiviso un’intera carriera, distinguendosi dal “cannibale” per la sua gentilezza. Dopo la squalifica di Merckx al Giro del 1969, Gimondi si rifiutò di indossare la maglia rosa perché riteneva ingiusta la decisone dei giudici e l’esclusione del belga.

Felice Gimondi all’arrivo della Parigi-Roubaix del 1966 (ph Allsport Hulton/Archive)

Gimondi era consapevole che Merckx era più forte di lui e non aveva timore ad ammetterlo. Ma quella rivalità lo aveva fatto crescere al punto tale da batterlo. Indimenticabile la volata al Campionato del Mondo di Barcellona quando, prima dell’arrivo sul Montjuïc, Merckx e il connazionale Freddy Maertens si accordarono perché questi tirasse la volata al cannibale. Tuttavia, Gimondi intuì la trama e sul traguardo il suo colpo di reni sarà vincente su Maertens e Merckx. Per l’occasione Gianni Brera conierà per il bergamasco l’appellativo di “Felix de Mondi”.

Felice Gimondi ed Eddy Merckx in una foto del 2005

Stavolta sono io a perdere”. Sono le prime parole di Eddy Merckx alla notizia della scomparsa di Gimondi.

Felice Gimondi è stato uno dei miti sportivi per tanti di noi che a maggio, seduti davanti alla tivù del bar, aspettavamo l’arrivo di tappa del Giro d’Italia con le telecronache di Adriano De ZanCon lui se ne va un pezzo della nostra gioventù e di un ciclismo in bianco e nero che non c’è più.

Nella vita puoi essere utile anche arrivando secondo o quinto, purché tu ce la metta tutta” (Felice Gimondi, 1942-2019)