di Alberto Zuccato
Ho conosciuto Giorgio Sbrocco nel 1993. Ero andato alla Guizza per fare un’intervista a Vittorio Munari; la squadra si stava ancora allenando, ma a dirigerla c’era quell’omone coi baffi che non avevo mai visto. Ci siamo presentati, fatto due parole.
Poco dopo Giorgio è diventato direttore “occulto” del giornalino (all’epoca “giornalone” di una quarantina di pagine) del Petrarca , al quale già collaboravo con Bepi Rigamo e Toni Grossi. Mi telefona e mi dice che di pezzi sul rugby ce ne sono fin troppi e che io potrei fare delle panoramiche sugli altri sport padovani.
L’idea mi sembra buona e accetto. Ogni tanto, per così dire, debordo e invece che di sport scrivo di altre cose. Inizialmente innocue, ma col passare dei mesi un po’ più pesantucce. Qualche polemica sul parcheggio del Plebiscito, su qualche assessore allo Sport.
Altra telefonata di Sbrocco. “Mi ha chiamato l’assessore. E’ incazzatissimo per quello che hai scritto. Bene. Continua così. Anzi: vai giù ancora più pesante”. Ecco: è stato in quel preciso momento che Giorgio mi è diventato veramente simpatico.
Quando, anni dopo, si è messo a scrivere libri, mi ha sempre chiesto, per primo, di fare la presentazione. Ricordo una serata tragica da Feltrinelli per il libro “Jonny placca”, debutto dello sbirro (con contributo informativo sulla pratiche poliziesche di Alessandro Battistin) Sergio Penurìa. Nella saletta della libreria c’erano tre (tre!) persone e una di queste, ancor prima che prendessi la parola, si è addormentata. Depressione? Figuriamoci! Giorgio lo ha svegliato e gli ha venduto il libro.
Amava scrivere, gli piaceva da matti. E aveva trovato in Elena Barbini, una formidabile alleata e soprattutto un’amica vera. Lui stendeva testi, lei si occupava delle foto, della parte grafica.
Poi il lavoro insieme per “Petrarca 70”, con Giorgio che – per quelli che sono i miei ritmi – andava troppo veloce. Qualche battibecco, mai una lite. Anche perché mi dava sempre ragione. Pure quando non ce l’avevo.
Ha cominciato a non sentirsi bene verso la fine di dicembre. Pensava di avere una forte forma influenzale e anche un po’ di artrosi perché gli faceva male alla schiena, ed essendo io, ahimè un esperto del ramo, mi chiedeva consigli.
Ci è rimasto il tempo, l’ultima volta che ci siamo visti, per fare una scommessa che non potrà essere onorata: chi vincerà lo scudetto di rugby? Lui ha detto Petrarca.
Ciao, Giorgio.